9 giugno 2015

Crescere figlie femmine

Quando è nata Alice pensavo solo a lei e alle sue esigenze, come è giusto e sacrosanto che sia.
I primi mesi sono volati e ogni giorno ero più felice di poter trascorrere con lei tutta la giornata, accudirla, assistere a tutte le sue prime volte, annusarla, addormentarla fra le mie braccia, allattarla...
In tutti i suoi primi nove mesi non ho mai avuto nostalgia del mio lavoro, ho pensato solo a godermi quest'esserino il più possibile, perché sapevo che ovviamente non sarebbe stato sempre così.




Al compimento del nono mese sono rientrata in studio, dapprima un po' a singhiozzo, via via sempre più assiduamente, finché non ci siamo organizzati tra nonni e baby sitter per un mio rientro a tempo parziale.

Inutile dire che i primi mesi sono stati durissimi.
Non tanto per il lavoro in sé - anche se nel frattempo era entrato in vigore il processo civile telematico obbligatorio, col quale bisognava prendere un po' la mano - quanto per la domanda che mi frullava sempre in testa "Che cavolo ci faccio qui anziché essere con lei?"

Non nascondo di essere stata tentata dall'abbandonare tutto e gestire esclusivamente le esigenze della mia famiglia (chi prendo in giro... le esigenze di Alice, punto!).

Oggi, al compimento dell'anno e mezzo di vita di mia figlia però posso dire che, pur continuando a lottare a volte con me stessa e soprattutto con il tempo, ho abbandonato del tutto il progetto di lasciare il lavoro.

La ragione principale è che sono la mamma di una figlia femmina e, in questo senso, sento di avere una particolare responsabilità nella sua educazione.
Se è vero, come è vero, che l'esempio è la miglior forma di educazione possibile, sento che Alice deve crescere e diventare la futura splendida donna che sarà, avendo come modello più vicino a sé quello di una donna che lavora.
Una donna che sforna torte e biscotti perché fare dolci è la sua prima grande passione e non perché "socialmente obbligata".
Una donna che legge un po' di tutto, dalle riviste di arredamento (altra mia grande passione!) ai trattati sulla responsabilità medica, dalla narrativa alla Guida al Diritto, dai libri di cucina a Wired.

Ho trovato conferma del mio pensiero nelle parole di una grande scrittrice africana, che ama definirsi "a Happy African Feminist Who Does Not Hate Men":








"We should begin to dream about and plan for a different world. A fairer world. A world of happier women who are truer to themselves. And this is how to start: we must raise our daughters differently."

«Io vorrei che tutti cominciassimo a sognare e progettare un mondo diverso. Un mondo piú giusto. Un mondo di uomini e donne piú felici e piú fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie."

5 giugno 2015

Rieccomi!

Due anni e una bambina dopo, rieccomi qui a scrivere di me e della mia vita, tra pappe, pannolini, Codici di diritto civile, gite scarponi ai piedi, passeggiate in riva al mare, ma soprattutto tante coccole e risate con la pupa e il suo papà.